Valle Dell'orco - Diario Di Viaggio

La tribù Wild Country della Valle dell'Orco torna a casa per ritrovarsi a condividere le dritte da insider sull'alpinismo, nel proprio ambiente.

Dritte di viaggio e il raduno di una tribù

"Goditi il potere e la bellezza della tua gioventù. Oh, lascia perdere: non li capirai finché non saranno appassiti. Ma ascolta quel che ti dico, tra 20 anni rivedrai le tue foto e ti ricorderai, in un modo che ora non puoi capire, quante possibilità avevi davanti a te e quanto eri bello davvero", The Big Kahuna, John Swanbeck

Il Diario: amici che tornano a casa

Il termine “casa” è spesso utilizzato per definire un luogo con cui abbiamo familiarità, e lo stesso vale per le persone che ci vivono. Dopo tutto, diciamo che qualcuno ha “nostalgia di casa” o che “ci sentiamo a casa”. Ebbene, la Valle dell'Orco è come una casa per noi (la Tribù Wild Country della Valle dell'Orco). Sappiamo che non conosceremo mai del tutto le sue profondità e, forse proprio per questo, il suo fascino è infinito. Questo luogo è come un magnete per noi e gli altri scalatori di tutta Europa, attratti dalle sue pareti, ma anche dalla sua storia. Negli anni '70 molti giovani provarono a cambiare le regole del gioco nell'alpinismo, e alcuni di loro vi riuscirono. Formarono il Mucchio Selvaggio e quell'epoca è oggi nota come Nuovo Mattino. Furono pochi anni selvaggi che si rivelarono troppo per alcuni di loro, mentre altri se la cavarono, compiendo un destino impensabile. Mike Kosterlitz ne è un esempio emblematico: effettuò innumerevoli prime ascese, tra cui la fessura che porta il suo nome. Poi proseguì fino a vincere il premio Nobel per la Fisica nel 2016. Ma questa è tutta un'altra storia; qui vogliamo parlare della valle.

La Valle dell'Orco è la nostra casa, perché ci incontriamo sovente da queste parti, anche se non tanto quanto vorremmo. Il raduno della nostra tribù si è tenuto lo scorso aprile, quando siamo andati ad arrampicarci insieme, per la prima volta dopo fin troppi mesi. Fino ad allora il tempo era scivolato via senza un solo raduno, con le scuse più diverse: dallo studiare all'estero all'essersi fatti male, dall'essere sommersi dal lavoro ad altre responsabilità, a cose spesso difficili da evitare; di certo questo non era il caso, quando eravamo più giovani. Non è poi una gran scoperta, sono le solite noie della vita, proprio come per tutti gli altri scalatori. E per scalatori intendiamo quelli non particolarmente forti e neanche tanto eleganti, anzi, molto spesso, hanno i pantaloni tenuti su da nastro adesivo e toppe. Non lanciano grida di giubilo al termine di una via, perché non ci sono telecamere pronte a riprenderli in azione. Se urlano, è solo perché vogliono sfogarsi con se stessi, i loro amici o l'assicuratore di quel giorno. Parliamo di gente normale, insomma, magari proprio come te. Be', non esattamente "normale", perché devi essere un po' strambo a trascorrere i weekend distruggendoti le dita, magari anche nel panico perché non riesci a inserire un friend, ma nel mondo viviamo nondimeno nella normalità.

Alla fin fine, ci piace essere un po' strani e, di' la verità, piace anche te. La punta delle dita ti brucia alla fine della giornata, prepari lo zaino di notte con l'attrezzatura consumata, sul passaggio chiave le gambe ti fanno giacomo giacomo, passi dall'ombra gelida al sole cocente in un attimo. Arrivi tardi la notte, dovendoti ancora cercare un posto per la tenda, sciacqui i vestiti di scorta bagnati quando la borraccia si è aperta nello zaino, mangi con le mani sporche di gesso, mezzo morto di fame, perché ti sei dimenticato le barrette da portarti sulla via... di nuovo. Tutte seccature piccole e grandi che ti ricordano che sei vivo.

E poi ci sono i tuoi amici. Puntare verso gradi più elevati, mosse fluide e buona roccia è una bella cosa, ma se dovessimo scalare con perfetti sconosciuti, dovremmo cambiare registro. C'è quello forte che, zitto zitto, è sempre ad allenarsi sulla parete indoor. C'è il tipo stressato che si lamenta sempre quando si studia la via, ma poi alla fine sorride, una volta arrivato alla falesia. Lo stacanovista che ha lavorato non stop e deve pianificare giorni e giorni in anticipo, cosa sconosciuta alle nuove leve. Il tipo iperattivo che riesce a scalare su roccia e ghiaccio, che scia e corre in mountain bike, tutto in un solo weekend. Trovi anche i seri e gli scansafatiche, l'intrepido e il titubante, il ciarliero e l'introverso, l'ottimista e il pessimista. Formano tutti una specie di famiglia, quella con cui vuoi ritrovarti per sfuggire a tutto il resto. Sono quelli a cui mandi un messaggio in piena notte, sapendo già che saranno entusiasti di andare ad arrampicarsi: dovete solo decidere dove. Come disse Diego Cugiola: “Un uomo che guarda una parte è solo. Due uomini che guardano la parete sono all'inizio di una fuga”.

Proprio così. Una fuga, quella che abbiamo fatto nella Valle dell'Orco, ancora una volta. Siamo fuggiti da sposi, partner, impegni del finesettimana, dai sudati libri in vista dei prossimi esami. L'alpinismo significa anche questo: una fuga in verticale, un modo per staccarsi, letteralmente, da terra, così che il resto della settimana risulti poi più leggero.

Beta - Vie imperdibili

Scalare nella Valle dell'Orco è, a dir poco, qualcosa di... unico. La roccia, un tipo di gneiss simile al granito, impone uno stile basato su fessure, incastri e placche che possono mettere KO qualsiasi scalatore abituato al calcare, nello stesso modo di una protezione (friend e nut), considerando che ci sono pochissime vie a spit. Se sei nuovo nella zona, farai meglio a imparare le corde nelle due falesie a spit, il Droide e Pietra Filosofale, non troppo lontane, e a padroneggiare l'arte dell'incastro, cercando di scalare l'iconico Masso Kosterlitz: 7 metri di incastri di mano, il cui grado 6b è, in un certo senso, unilaterale. Potrai ben trovarci scalatori 8a sbuffanti e ansimanti mentre cercano di prendere la mano di quella pura fessura di 7 metri... Se l'arrampicata trad è già il tuo forte, puoi cominciare con il Sergent, dove avrai l'imbarazzo della scelta con placche, vie multipitch e dozzine di deliziose vie a tiro singolo. Un poco più in alto, in uno scenario più fresco, troverai la falesia Dado, che racchiude alcune delle vie migliori della valle. E poi c'è... il Caporal. È qui che ebbe inizio il Nuovo Mattino, dove il Mucchio Selvaggio, guidato da Motti, Grassi, Galante e altri, cominciò a importare lo stile d'arrampicata di El Capitan, nella Valle dello Yosemite.

Le pareti assolate della Torre di Aimonin sono ideali a metà stagione, come lo è lo Scoglio di Mroz a Piantonetto. Spostandosi su nella valle, troverai due simboli dell'arrampicata alpina nel Parco del Gran Paradiso: il Becco Meridionale della Tribolazione e il Becco di Valsoera. Nella parallela piccola valle di Noaschetta, si staglia l'impressionante parete Monte Castello, con alcune vie impegnative.

Warm Up - Tiri singoli e multipitch

Torre di Aimonin. Pesce d’Aprile 170 m V (IV/A1 obl.): è la via dove, per la prima volta in Italia, vennero usati i nut, grazie a Mike Kosterlitz.

Caporal. La combinazione Itaca nel Sole + Tempi Moderni 180 m, (6c+/6a obl.): uno dei simboli dell'arrampicata su granito in Italia, con alcune vie classiche come la fessura detta Orecchio del Pachiderma e la successiva placca, dove l'aderenza dei piedi è essenziale. Il Diedro Nanchez offre invece un'arrampicata atletica sostenuta lungo un diedro di 170 metri e, malgrado i gradi apparentemente limitati, di sicuro arriverai sulla vetta stremato. Tieni d'occhio le giornate piovose, perché questa via è spesso bagnata.

Sergent. Nautilus, 270 m (6a/5b obl.): una delle vie di trad più facili nella valle (ma pur sempre una ottima) con il tipico, e particolarmente problematico, camino sul terzo tiro. Troverai inoltre diverse altre vie multipitch e individuali più corte, che sono di per sé un motivo sufficientemente valido per andarci, come Incastromania, Diedro del mistero, Legoland e la terrificante Fessura della disperazione. Al termine estremo della valle troverai vie di placca. Se ami questo tipo di arrampicata, prova poi L'Apparizione del Cristo Verde, una classica spesso ripetuta. Per accedervi, dovrai di solito scalare una via iniziale d'approccio, così farai meglio a controllare la guida per assicurarti di utilizzare gli attrezzi e le corde più adatti.

Dado. È dove si trovano alcune delle vie esteticamente più belle: Bianca Parete, Sitting Bull e la (di poco) più facile Cochise. Si tratta di una falesia che è una specie di tana del drago, con la stupefacente Sitting Bull e Legittima Visione, due vie aperte da Adriano Trombetta, che dovettero attendere i talentuosi Sean Villanueva e i fratelli Favresse, seguiti da Federica Mingolla, per essere liberate e ripetute.

Droide e Pietra Filosofale. Sono le due sole falesie a spit della valle. Non significa però che siano meno attraenti, tutt'altro, semmai. Sarai in grado di adattarti all'arrampicata su fessura e potrai usare i friend su molte vie, per avere una presa sicura nell'arte dell'arrampicata trad.

Valle del Piantonetto. Leggermente staccata e con approcci più complicati, Piantonetto è il cortile da gioco ad alta quota della Valle dell'Orco, a cui si può accedere soltanto dopo che si sia sciolta la neve. Ti arrampicherai a quasi 3000 m, dove spesso non c'è ricezione e gli approcci sono misurati in ore, invece che in minuti. Per questo è così fantastica!

• Scoglio di Mroz, Impressioni di Settembre 150 m (6b/6a obl.): una moderna via a spit/trad di Maurizio Oviglia, un'intramontabile classica. Un po' più alla sua sinistra, troverai la straordinaria L'importante è esagerare, in cui tiri realmente tecnici si alternano a quelli atletici che richiedono incastri.

• Becco della Tribolazione. Grassi-Re 250 m (6a+/5b obl.): il lungo approccio (3,5 ore) ti premia con un granito eguagliato soltanto dai satelliti del Monte Bianco. Anche la via Malvassora è popolare, mentre uno scalatore più forte dovrebbe tentare la Gran Finale, con un ottimo diedro liscio 7a.

• Becco di Valsoera. Mellano-Perego 350 m (6b/5c obl./A0): più elevato e ombreggiato, qui troverai molte vie, specialmente di gradi da medi ad alti come la Imagine. Il Diedro Giallo è comunque un'ottima alternativa per i gradi inferiori, non è ripetuta spesso ed è davvero bella esteticamente.

Bouldering

Molte aree di bouldering sono sparse per la valle, a cominciare da Locana fino al Rifugio Mila. C'è un piccolo gruppo di aficionados che vengono qui regolarmente, come il tedesco Bernd Zangerl, che ha scalato un sorprendente highball di 12 metri nell'area del Sergent. Ti consigliamo di chiedere informazioni al Rifugio Mila e alla Pizzeria Le Fonti Minerali; i proprietari sono tra i migliori schiodatori di massi nella valle e hanno anche preparato una guida.

Attrezzatura

Tutte le vie menzionate richiedono friend e nut di varie dimensioni, così farai meglio a studiarti la guida “Valle dell'Orco” per informazioni più dettagliate. Tuttavia, in linea generale, ti troverai bene con doppi fino alla misura 4, anche se alcune vie richiederanno friend più grandi fino alla misura 6. Non sottovalutare i gradi o presto verrai punito: basti dire che l'ambita Fessura della disperazione è classificata 6a.

Guide

Gli unici libri in vendita sono “Valle dell'Orco” (Maurizio Oviglia, Versante Sud) e “Piantonetto e Valsoera” (Predan, Sartore). Si trovano entrambi nei negozi del posto.

Dritta insider: dove mangiare, bere, dormire

• Rifugio Massimo Mila. Sulle rive del lago di Ceresole, il rifugio è gestito da un gruppo molto unito di giovani amici. Andrea Migliano, uno dei custodi, sta frequentando il corso di guida alpina, ma vale la pena di menzionare che è un ottimo musicista e anche molto bravo in cucina.

• Hotel Gran Paradiso. Nel centro di Noasca, il bar dell'hotel è una delle fermate d'obbligo prima di avventurarsi nella valle. Non sarà un locale chic, ma ti sentirai a casa tua e spenderai pochissimo. Da qui potrai anche camminare direttamente alla Torre di Aimonin. Troverai diversi resoconti sul bouldering della valle, qui: scritti a mano da Bernd Zangerl, un fortissimo scalatore tedesco che viene spesso da queste parti.

• Camping la Peschera. Il nome deriva dall'allevamento di trote della zona. Sistemati subito dopo il tunnel di Ceresole, proprio sotto la parete del Sergent: una località comoda per molti appassionati di sport.

• Ristorante pizzeria Le Fonti Minerali. Gestito dallo stesso forte gruppo di nuove leve dalla Valtellina del Rifugio Mila, che vanno pazzi per le arrampicate e il buon cibo.

• Il Casotto. Situato in un piccolo ma pittoresco chalet sulle rive del lago. Il Casotto è il posto ideale per festeggiare una giornata trionfale alla falesia Dado, o per sbronzarti, se non sei riuscito a fare la Sitting Bull.

• Ristorante hotel La Cascata. Un altro locale imperdibile della valle. Situato a Noasca, è gestito dagli stessi proprietari dell'hotel Gran Paradiso. Per farti capire subito chi sono, prima ancora di entrare, vedrai che l'esterno è stato spittato per consentirne la scalata. I giganteschi panini sono squisiti (specialmente quello con acciughe, salsa verde e tomino fuso) e anche la Merenda del Re, fieramente contrastata dall'Ordine dei nutrizionisti per l'elevato contenuto calorico e di grassi saturi, ma per certe cose non vale la pena di preoccuparsi!

• Rifugio Pontese. A 45 minuti di cammino sopra il lago di Teleccio, è il punto di partenza ideale per le arrampicate nella valle del Piantonetto.

• Locanda San Lorenzo. Robusta cucina piemontese nel cuore del Piantonetto, all'ombra dello Scoglio di Mroz. Nel caso abbia ancora appetito dopo essere stato al Rifugio Pontese, è praticamente impossibile che te ne vada da qui ancora affamato.

Suggerimenti kit Valle dell'Orco

1 ISLAND, 2 MONKS AND UNTOUCHED GRANITE

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“Why did James and I pick a small dot on the other side of the planet?”

Because Yuji told us about it. The last time Yuji proposed us a trip, we ended up in Kinabalu, the now oh so famous mountain where untouched granite will overwhelm the climber. The Real Rock tour has thrown Kinabalu into fame, but 5 years ago, when we went there, no climber could even put it on the climbing

Kinkasan is a small island not far from Fukushima, on the north east side of Japan. It has 26km circumference and is inhabited by two monks. From Tokyo it is a six hour journey. Yuji didn’t say that much more: Kinkasan’s coast is covered with granite cliffs, and there is a Shinto shrine on it. Yuji mentioned as well the damages made by the tsunami…

We began our journey with next to no expectations about the climbing, and a big question mark for the rest. 3 days in the trip and I know exactly why we came: for Japan. 

2 years ago we spent a week in this unique country and both James and I knew that we had to come back one day: how could I compare it? Well, the first time you taste wine, you have heard a lot about it. But you smell, and you only smell the alcohol, you taste and you can’t put words on it because wine is subtle, complicated and requests an education. You have to go back to it, learn to enjoy, differentiate and remember. Japan is maybe a little bit like wine.

There is this astonishing mix of modernity (the Japanese toilets and their multi jets, music and self cleaning options give you an idea of the immensity of your difference)  and spirituality, respect, focus.

We arrived at Base Camp, the gym that Yuji opened 5 years ago in Tokyo, and I oscillate between marvel and shame. I am a pro climber, and most of the boulders are too hard for me, the Japanese climbers around me seem to evolve so effortlessly, like flying cats on the wall. But then you realise: the world championship have just finished in Paris and in the bouldering competition, 3 of the 6 medals are not only Japanese, but from Tokyo, from Base Camp. Yuji and his company helps the athletes become professional and they often climb together. Shall I repeat that? Half of the world’s medals come from one gym! Surely there is no wonder that Yuji owns that gym… But that is only just the very top of the iceberg, because behind this 3 medals, there are a lot of other athletes with an incredible level. I have never seen so many good, extremely good boulderers in one place. And I am a former competition climber, trust me, I know what I am talking about.

“Why are they so good?”

The answer is surely complicated but here are a few elements: climbing has become very trendy in Japan, with over a 100 gyms in Tokyo. The Japanese body type is perfect for climbing; light, powerful and explosive muscles. The Japanese constant pursuit of perfection pushes the athletes to train hard, just like everyone around them simply accomplished every task with perfection.

It was dry for the crossing, and after unpacking our bags at the shrine we bouldered on a nearby beach for 1 hour before the rain came. With so much rock to see and so little time, we hiked out anyway along the coast to search out potential lines. The rain became heavier, we became wetter, and after 4 soggy hours we returned to the shrine, hopes high but spirits low. We’d been preparing this trip since September 2015, putting the team together, finding funding from sponsors, organizing the local logistics, yet it would all be in vain if the weather didn’t brighten up.

A morning of rain gave us the excuse to sit down and record some interviews, though truthfully we had little to say as we’d done little climbing. Toru, ever the silent optimist finally dragged me out to the closest boulder spot during a break between two showers, and we were surprisingly able to climb! Toru lived up to his reputation of boldness and brilliance, making the first ascents of two of Kinkasan’s boldest and hardest problems. Finally things were looking up. The forecast was good for the following days, and group psyche could not have been higher. We began to plan our upcoming adventure and our first trip to the other side of the island – the area with the highest concentration of rock, and the biggest cliffs, but had to cut them short as bad news broke.

With my thirst for climbing temporarily quenched, we left the island in limbo, happy, yet sad, but knowing we’d be back in less than 24 hours. We passed the day visiting some of the worst tsunami affected towns in an effort to better understand what hardships the local people had to live through, and how they are moving forwards towards the future. It is one thing to watch the news from the comfort of your lounge back home, it is another thing entirely to see it first hand, and speak to the people who have lost everything - houses, possessions, loved ones!

Suddenly our troubles with the rain seemed embarrassingly small, and we remembered why we were actually here in the first place.

Our personal climbing desires must come second to the larger goal of showing this place to the world. Rain or shine, we have to get out there. Hike around, document the potential, and if in the end we are lucky, open up some new routes.